NFT e Copyright
Gli NFT (Non Fungible Tokens) stanno guadagnando un’enorme popolarità negli ultimi anni. Una parte del loro successo è dovuta all’incredibile prezzo raggiunto da alcuni di essi. Ha fatto scalpore la vendita dell’NFT di Nyan Cat, battuto all’asta per più di 600.000 dollari. Nyan Cat è una simpatica ma semplicissima GIF animata di un gatto volante che lascia dietro di sè una scia color arcobaleno… insomma, non esattamente un Picasso!
Il maggior successo degli NFT si riscontra nel mondo dell’arte, dove artisti più o meno affermati riescono a vendere opere per decine di migliaia di dollari. L’opera Everydays dell’artista digitale Beeple è stata acquista come NFT per 69,3 milioni di dollari, diventando la terza opera d’arte più costosa al mondo e avvicinandosi al record di un artista ben più quotato come Jeff Koons.
Ma gli NFT non interessano solo il mondo dell’arte. Il CEO di Twitter Jack Dorsey ha venduto per 2,9 milioni di dollari il suo primo Tweet. L’NBA sta vendendo per decine di migliaia di dollari NFT delle azioni più belle: i Top Shot. E potremo continuare ancora e ancora.
Ma cosa sono gli NFT e perché vengono venduti a prezzi così alti?
Alcuni li ritengono una rivoluzione, altri invece una bolla speculativa. Personalmente, ammetto di non avere ancora un’opinione ben definita sul futuro degli NFT. Ciò che però riscontro è una grande confusione sul loro rapporto con il Copyright e la proprietà intellettuale. Perciò mi chiedo: chi compra NFT sa davvero cosa sta acquistando?
Perché un NFT costa tanto?
Quando ero un ragazzino, amavo giocare a Magic. Per chi non lo conoscesse, Magic è un gioco di carte collezionabili, dove ciascuno può costruire il suo mazzo, fatto di mostri, incantesimi e artefatti. Ricordo che per le carte più rare arrivavo a pagare anche trentamila lire, che per un ragazzino di 12 anni non erano poca roba. Il sogno nascosto di tutti i giocatori era il Black Lotus della prima edizione Alpha, che già a quei tempi costava più di un milione di lire e che oggi si trova in vendita per un paio di centinaia di migliaia di euro.
Ma perché alcune carte, dal valore intrinseco di pochi centesimi, arrivavano a costare così tanto? Perché carte con il bordo nero costavano più del doppio rispetto alle stesse identiche carte con il bordo bianco? Beh, perché ce n’erano pochi esemplari, erano rare!
Il concetto di rarità di un bene era scomparso nel mondo digitale, dove un file può essere copiato infinite volte e restare sempre uguale a sé stesso. Gli NFT hanno colmato questo gap, introducendo il concetto di scarsità digitale e quindi di rarità.
Lo dice il nome stesso: Non Fungible Token. Un bene non fungibile è un bene unico e non sostituibile con un bene dello stesso genere. Il denaro e le materie prime, al contrario, sono considerati beni fungibili. I Non Fungible Tokens si distinguono per questa caratteristica dalle cryptovalute, che invece sono Fungible Tokens.
Cos’è un NFT e come si crea
La creazione di un NFT è resa possibile grazie alla tecnologia blockchain e agli Smart Contract. Un NFT non è altro che un insieme di metadati, collegati a un bene (spesso digitale ma teoricamente anche fisico), con la firma digitale del creatore e caricati su una blockchain. Oggi, la blockchain più utilizzata per i Non Fungible Tokens è Ethereum ma ne esistono altre, come Cardano ad esempio.
Un autore può decidere di creare un esemplare singolo, oppure una tiratura limitata, così come fanno gli artisti o i fotografi con le loro opere fisiche.
Dopo essere stato “mintato” (termine nato dall’italianizzazione del verbo “to mint”, ovvero “coniare”), l’NFT può essere negoziato infinite volte mediante Smart Contract, passando così di proprietario in proprietario ma restando sempre lo stesso e non una copia.
Attenzione però. Ciò che si acquista con un NFT è sostanzialmente uno scontrino digitale legato ad un bene ma non il bene stesso. Parlo volutamente di scontrino e non di certificato, perché quest’ultimo presuppone un valore giuridico che un NFT non ha. Generalmente, all’interno dell’NFT non è neppure contenuto il file digitale a cui è collegato, perché la memoria a disposizione è pochissima. Tuttalpiù, è presente un link ad una copia digitale che si trova ospitata su un server da qualche parte.
Proviamo a fare un paragone nel mondo fisico. Immaginiamo che un famoso artista rilasci una tiratura limitata di 10 esemplari del suo disco più famoso e che ciascun esemplare venga firmato da lui personalmente. Un NFT fa esattamente la stessa cosa nel mondo digitale, con la differenza però che ti viene data solo la firma ma non il disco, che dovrai ascoltarti su Spotify come tutti gli altri. Ciò che potrai fare è vantarti con i tuoi amici mentre lo ascolti: “io ne possiedo un NFT originale!”. Non prendertela però se qualcuno di loro ti risponde: “Eh sti ca…!”. È solo che sono di un’altra generazione 🙂
I diritti di proprietà intellettuale
…. eh sì, mi dirai, però acquisti tutti i diritti di Copyright sull’opera e puoi farci quello che vuoi, no? Neanche per sogno!
Quando acquisti un quadro, non diventi titolare dei diritti d’autore sull’opera, solo del quadro. Senza l’autorizzazione dell’artista, puoi tuttalpiù esporlo in casa tua ma, oltre a questo, puoi farci poco altro. Ecco, quando compri un NFT è la stessa cosa, con la differenza che il quadro neppure ce l’hai.
Il diritto d’autore resta quindi in capo all’artista, che potrà continuare a sfruttare l’opera in via esclusiva e, teoricamente, potrà “mintarla” ancora e ancora, creando così delle nuove edizioni della stessa opera.
Licenze e cessioni di diritti d’autore con gli Smart Contract
Se l’acquisto di un NFT non comporta necessariamente il trasferimento dei diritti d’autore sull’opera, ciò non è comunque escluso. È infatti possibile inserire all’interno dello Smart Contract i termini di una licenza o anche di una cessione dei diritti di proprietà intellettuale.
Ad esempio, nell’NFT con cui è stato venduto Nyan Cat è previsto che l’acquirente possa sfruttare economicamente la GIF, sino a un massimo di 100.000 dollari l’anno. I Top Shot NBA possono invece essere pubblicati dagli acquirenti ma non copiati e distribuiti per finalità commerciali.
Nella maggior parte degli ordinamenti, i diritti d’autore, ad eccezione dei diritti morali, possono essere trasferiti contrattualmente. Talvolta è richiesta la forma scritta per provare il trasferimento ma non c’è ragione di ritenere che questa esigenza non venga soddisfatta da uno Smart Contract.
I limiti degli Smart Contract nei trasferimenti dei diritti di proprietà intellettuale
Problema risolto quindi! Gli NFT consentono di trasferire i diritti d’autore e ciò rivoluzionerà la proprietà intellettuale così come la conosciamo oggi, giusto? Beh, non ne sono proprio convinto.
Se uno Smart Contract può effettivamente licenziare o cedere diritti di proprietà intellettuale, è altrettanto vero che in questo non c’è niente di Smart. Non vi è molta differenza fra un contratto di questo tipo e la nostra cara e vecchia licenza, magari firmata digitalmente.
Il vantaggio di uno Smart Contract è infatti rappresentato dal fatto che, una volta lanciato, si esegue da solo e non può essere fermato. I pagamenti di cryptomoneta e i trasferimenti degli asset vengono iscritti automaticamente nella blockchain al verificarsi di determinate condizioni, senza bisogno che le parti obbligate compiano alcun azione. Niente più bisogno di Tribunali e di ufficiali giudiziari, niente intermediari: un sistema completamente trustless, senza bisogno della fiducia, in pieno stile Crypto.
Questo automatismo però non funziona per tutti quei contratti che obbligano le parti a fare o non fare qualcosa nel mondo fisico. Supponiamo che l’autore di un NFT scriva all’interno dello Smart Contract che si impegnerà a non creare nuovi NFT della stessa opera o a non sfruttarla commercialmente dopo la vendita del suo Non Fungible Token. Chi può impedirgli di violare quell’obbligo? Certo non lo Smart Contract ma solo un Tribunale, con tutto ciò che ne consegue in termini di tempo, costo, difficoltà di esecuzione delle sentenze e, soprattutto, difficoltà di identificare le parti di una transazione effettuata in ambito blockchain.
I rischi di plagio e le violazioni del diritto d’autore
L’impotenza degli Smart Contract e del principio trustless si ripropone anche nei fenomeni di plagio e violazioni del diritto d’autore.
Chi acquista un NFT è sicuro di acquistare da chi lo ha emesso (o acquistato) ma non è sicuro che chi lo ha emesso sia realmente l’autore dell’opera.
Se volessi, potrei digitalizzare un dipinto acquistato da un artista di strada, mintarlo e poi venderlo come NFT su Opensea o su una qualsiasi altra piattaforma, magari per decine di Ether, ovvero molte decine di migliaia di euro.
Sebbene non si riscontri ancora giurisprudenza in materia, personalmente sono convinto che mintare senza permesso un’opera altrui rappresenti una violazione dei diritti d’autore dell’artista. La digitalizzazione dell’opera, anche se poi non sarà contenuta nel NFT, rappresenta infatti una violazione del diritto esclusivo di riproduzione dell’autore. Il caricamento su un server online e l’apposizione di un link all’interno dell’NFT rappresentano invece una violazione del diritto di comunicazione al pubblico. In ogni caso, la vendita dell’NFT senza alcuna indicazione fa presupporre che l’autore sia chi lo conia. Ciò costituisce un plagio, ovvero una violazione del diritto morale di paternità sull’opera.
Se non sono l’autore del dipinto o il titolare del diritto d’autore, qualsiasi licenza io inserisca all’interno dello Smart Contract è giuridicamente inefficace. Quindi, chi acquista il mio NFT si ritroverebbe un falso e non acquisirebbe alcun diritto di proprietà intellettuale sull’opera sottostante. Certo, potrebbe pretendere da me la restituzione delle sue cryptomonete e un risarcimento del danno, ma dovrebbe identificarmi e passare da un Tribunale per ottenerli.
I vantaggi degli Smart Contract nel pagamento di Royalty e nel diritto di seguito
Un ambito in cui invece gli Smart Contract hanno una marcia in più rispetto ai contratti tradizionali è quello del pagamento delle royalty sulle vendite successive. Di fatto, si realizza così un diritto di seguito automatico.
Molti NFT prevedono che una percentuale del prezzo pagato nelle vendite successive vada a chi lo ha coniato. Ciò consente all’autore di partecipare al vantaggio derivante da un incremento di valore della sua opera.
Supponiamo che un artista, magari all’inizio della sua carriera, abbia venduto un NFT di una sua opera per una manciata di euro, prevedendo un diritto di seguito del 10% sulle vendite successive. Se l’NFT viene rivenduto dopo qualche anno per un milione di euro, l’autore ne ottiene 100.000. In questo caso, il bello dello Smart Contract sta nel fatto che le cryptomonete vengono pagate direttamente nel portafoglio dell’autore, senza bisogno che le parti si attivino o possano impedirlo.
Conclusioni
Quindi, gli NFT sono la rivoluzione del diritto d’autore o una bolla speculativa? Il mio parere è che, come spesso succede, la verità stia nel mezzo. Sono convinto che in questo momento molti NFT abbiano un prezzo ingiustificatamente gonfiato. Nei portali che li vedono, oltre a qualche opera d’arte, c’è una montagna di spazzatura. Non possiamo negare che ci sia qualcosa di strano nel trovare in vendita per migliaia di euro degli NFT di GIF, meme o tracce musicali midi che anche un bambino potrebbe realizzare.
Ciononostante, ritengo anche che, una volta scoppiata la bolla e sparita la spazzatura, gli NFT siano destinati a restare e, forse, prosperare. In particolare, credo che diventeranno ancora più importanti con l’avvento del Metaverso, quando molte persone saranno disposte a pagare bei soldi per far passeggiare il loro avatar con delle scarpe di Gucci, possedere nella propria abitazione virtuale un Beeple originale o un mobile di design. Ne è una riprova il fatto che molte case di moda stiano facendo le corse per registrare i propri marchi nel settore degli NFT e che alcune società, come Adidas, vendano già i loro Non Fungible Token da sfoggiare all’interno di videogame.
Certo, fa strano attribuire un prezzo così elevato a qualcosa che non ha alcun valore intrinseco, ma lo stesso vale per molti status symbol. Per capire gli NFT dobbiamo provare ad entrare nei panni di un collezionista che vive nell’era digitale e chiederci: c’è differenza fra il pagare migliaia di euro per l’NFT di una GIF piuttosto che per un francobollo raro? D’altronde, se quando avevo 12 anni avessi investito un milione di lire per acquistare il Black Lotus, oggi sarei ben contento di rivenderlo per ducentomila euro.