Musica Royalty Free: cos’è e quali sono i vantaggi?

musica royalty free
Massimo Bacci

Scritto da Massimo Bacci

Avvocato esperto in materia di proprietà intellettuale, diritto delle nuove tecnologie e protezione dei dati.

10 Febbraio 2019

Musica Royalty Free: che cosa significa?

Musica royalty free non significa libera da copyright. Piuttosto, con il termine royalty free ci riferiamo ad un tipo di licenza con cui viene concesso l’utilizzo di musica o altre opere protette da diritto d’autore. Una volta che una licenza royalty free è stata acquistata, l’utente potrà utilizzare un brano senza ulteriori costi, purché nei limiti di quanto consentito dalla licenza. Le musiche non protette da copyright sono invece solo quelle cadute in pubblico dominio, ovvero il cui autore è morto da oltre 70 anni. Per capire come funzionano le licenze royalty free e coglierne i vantaggi, è necessario introdurre alcuni concetti preliminari in materia di copyright.

Cosa sono le royalty

Le royalties sono delle percentuali che devono essere pagate agli aventi diritto per ogni utilizzo di un’opera musicale. Ogni volta in cui un negozio, un ristorante, una palestra etc. trasmettono un brano musicale devono ottenere delle licenze dalle collecting societies. Le più comuni sono SIAE, SCF e Nuovo IMAIE, le quali riscuotono rispettivamente i proventi degli autori, dei produttori fonografici e degli artisti interpreti esecutori, a cui li distribuiscono sotto forma di royalties.

Quando un’opera viene rilasciata con licenza royalty free non significa che si tratti di musica libera da copyright. Piuttosto, i diritti d’autore e i diritti connessi vengono pagati una tantum, senza bisogno di corrispondere somme ulteriori per ogni successivo utilizzo.

Prima di qualsiasi utilizzo è però sempre importante leggere le utilizzazioni consentite dalle varie licenze. Infatti, molti siti internet utilizzano a sproposito termini come “free music”, “musica free”, “musica royalty free per video” etc. Se quasi mai si tratta di musica senza copyright, spesso non siamo neppure davanti a delle vere e proprie licenze royalty free ma a delle semplici licenze di sincronizzazione. In questo articolo, cercherò di fornire i concetti necessari ad orientarsi nel mondo delle c.d. stock music e delle loro licenze.

La musica Royalty Free nasce come risposta alle complessità del modello tradizionale di Copyright

Il modello tradizionale di copyright rende particolarmente difficile utilizzare musica altrui all’interno di un progetto. Su ogni brano musicale insistono infatti una serie di diritti riconducibili a soggetti diversi. Un’opera musicale nasce dallo sforzo creativo del suo autore. Inizialmente, tutti i diritti sono riconducibili a lui, a meno che non vi siano più coautori. Tuttavia, nel processo che porta dalla nascita alla pubblicazione di un’opera musicale, i diritti si moltiplicano e frammentano in capo a più soggetti.

Generalmente, l’autore cede i diritti di sfruttamento economico ad un editore in cambio di una percentuale (royalty) per ogni utilizzo dell’opera. Sia l’autore che l’editore sono iscritti ad una società di gestione collettiva dei diritti d’autore, che si occuperà di raccogliere e distribuire i compensi per ogni utilizzazione dell’opera. Inoltre, il brano che ascoltiamo su un CD, un file digitale o in streaming, non è soltanto un’opera musicale, bensì un fonogramma. Infatti, affinché possa essere riprodotta ed ascoltata, la composizione viene eseguita da uno o più Artisti Interpreti Esecutori (AIE) e registrata. Ad assumersi la responsabilità della registrazione è appunto il Produttore Fonografico (PF). Sia gli AIE che i PF acquistano sul fonogramma i c.d. diritti connessi, che si aggiungono ai diritti d’autore sulla composizione.

Infine, anche gli AIE che i PF percepiscono compensi per ogni utilizzazione del fonogramma, tramite le proprie collecting societies. In questo sistema, ogni singolo utilizzo di un’opera musicale genera il diritto alla percezione di compensi (royalties) per autori, editori, musicisti esecutori e produttori fonografici. Di conseguenza,per trasmettere musica in un locale o in un esercizio commerciale, l’esercente dovrà acquistare le licenze dalle rispettive collecting societies.

Le difficoltà ulteriori per la sincronizzazione ed il riutilizzo in opere derivate

La situazione si complica ulteriormente per chi voglia utilizzare un’opera musicale per creare un’opera derivata. L’esempio tipico è quello del videomaker che ha bisogno di sincronizzare una musica come colonna sonora di un proprio video. Generalmente, le società di gestione collettiva non gestiscono i diritti di sincronizzazione. Ciò significa che il videomaker dovrà ottenere una licenza di sincronizzazione dall’editore ed una dal produttore fonografico. La prima avrà ad oggetto i diritti d’autore sulla composizione, mentre la seconda riguarderà i diritti connessi sul fonogramma.

Ottenere queste licenze è estremamente difficile per un piccolo produttore e soprattutto molto costoso. Esse sono spesso limitate nello scopo, nel territorio e nel tempo di utilizzo. Pertanto, il produttore sarà costretto ad ottenere nuove licenze per ogni sfruttamento ulteriore del proprio video. Infine, con le licenze di sincronizzazione, il produttore acquista soltanto il diritto di utilizzare l’opera musicale all’interno del video. Ciò non comprende i compensi dovuti per ogni sua pubblica proiezione, per la trasmissione in tv o in streaming. Per tutti questi utilizzi, dovranno esse acquistate le relative licenze dalle collecting societies.

I vantaggi della musica royalty free

Alla luce di quanto sopra, ci rendiamo conto di come le difficoltà derivanti dall’esigenza di riutilizzare musica altrui nei propri progetti siano insormontabili per un piccolo produttore indipendente. Fortunatamente, la musica royalty free offre una soluzione semplice ed a buon mercato a questi problemi. L’avvento del digitale e di Internet hanno permesso a molti autori di gestire la propria musica senza ricorrere ad intermediari. Un artista può comporre, eseguire e registrare le sue opere in piena autonomia. Dopodiché, potrà venderle in licenza da un proprio sito web oppure tramite i numersi portali che, ricorrendo alle licenze Creative Commons, offrono questi servizi in cambio di una percentuale sulle vendite. Solo per citarne alcuni: Audio Jungle; Jamendo; StockMusic.net; Shutterstock; Soundstripe etc.

Un videomaker che ha bisogno di una colonna sonora per uno spot pubblicitario, il video di un matrimonio, un documentario o un film indipendente potrà utilizzare musica royalty free. Le licenze non consentono qualsiasi utilizzo delle opere. Generalmente sono limitate all’uso per un singolo progetto e, a seconda del prezzo pagato, consentono uno o più tipi di sfruttamento (uso pubblicitario, tv, cinema etc.). Tuttavia, tendenzialmente l’acquisto della licenza consentirà all’utilizzatore di non doversi più preoccupare del pagamento di compensi ulteriori per ogni singolo utilizzo dell’opera derivata in cui è stata sincronizzata la musica.

Attenzione: leggere sempre le licenze e le condizioni di utilizzo!

Come ho precisato all’inizio di questo articolo, royalty free non equivale a musica libera da copyright. Per questo è sempre importante leggere e capire le condizioni della licenza che si acquista.

I portali che consentono l’acquisto di musica royalty free non applicano tutti le medesime condizioni. Ad esempio, alcuni di questi permettono di acquistare anche brani iscritti nei repertori di collecting societies. Chi acquista queste opere per sincronizzarle in un proprio video, dovrà poi preoccuparsi di verificare che vengano pagate le licenze per i diritti amministrati dalle società di gestione collettiva. La maggior parte delle radio, dei canali televisivi, YouTube e le piattaforme di streaming si avvalgono di blanket licences che coprono l’utilizzo di brani appartenenti al repertorio delle collecting societies. In questi casi, non sarà necessario pagare alcun compenso ulteriore per la trasmissione del video contenente l’opera musicale. Tuttavia, in altre occasioni sarà opportuno verificare con le collecting societies competenti la necessità o meno di acquistare un’ulteriore licenza. Si pensi ad esempio alla proiezione del video in occasione di una convention aziendale.

Vendere musica senza intermediari

L’avvento di Internet e della tecnologia digitale sono spesso percepiti come una calamità naturale per l’industria della musica. In realtà, nonostante i danni causati dalla pirateria, le nuove tecnologie hanno poratato anche vantaggi ed opportunità. Per i musicisti che vogliono vivere della propria arte, si sono aperte nuove possibilità di guadagno.

Se in passato era impensabile vivere di musica senza un manager, un agente, un editore, un produttore discografico e l’iscrizione ad una collecting society, ad oggi gli intermediari non sono più indispensabili. Con il solo aiuto del proprio talento e di un computer, oggi un musicista è in grado di comporre, eseguire, registrare e vendere in piena autonomia la propria musica.

Ovviamente, le difficoltà sono molte, ma quello che in passato era impensabile oggi è invece possibile. Tuttavia, anche gli artisti che decidono di fare a meno di editori ed intermediari, non possono prescindere da un aiuto professionale. Infatti, la corretta stesura dei contratti con cui vengono licenziati i diritti sulle proprie opere è indispensabile. In una materia complicata come il diritto della musica, il fai da te è assolutamente da evitare. Un contratto scritto male, una parola utilizzata non correttamente, possono infatti determinare la perdita dei diritti sulle proprie opere.

Se hai bisogno di una consulenza o necessiti di aiuto nella stesura dei tuoi contratti musicali, scrivi ad IPRights e chiedi un preventivo gratuito usando il modulo contatti.

Licenza Creative Commons

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