Keyword advertising e contraffazione del marchio

keyword advertising e contraffazione del marchio
Massimo Bacci

Scritto da Massimo Bacci

Avvocato esperto in materia di proprietà intellettuale, diritto delle nuove tecnologie e protezione dei dati.

17 Settembre 2018

Keyword advertising e marchio registrato

Si può usare un marchio registrato altrui come keyword per attirare visitatori verso un sito web? In quali casi l’uso del marchio è consentito e quando invece si tratta di contraffazione?

Per rispondere a queste domande è necessario capire quali sono le funzioni protette del marchio e quali invece gli usi consentiti del marchio altrui.

Il keyword advertising

Il keyword advertising è uno strumento pubblicitario che consente di acquistare spazi di visibilità all’interno dei motori di ricerca (link o riquadri sponsorizzati). Lo strumento principe per questo tipo di attività è Google AdWords. Il titolare del sito decide qual è la parola chiave (keyword) con cui vuole essere trovato dagli internauti e paga una cifra legata al numero di accessi ottenuti.

E’ evidente che i termini contenenti marchi celebri, come Coca Cola, Ikea, Apple, McDonalds etc. sono molto cercati su internet. Cosa succede dunque se un’impresa di mobili per arredamento utilizza il marchio Ikea come keyword per essere trovata? Si tratta di contraffazione del marchio oppure fa parte del gioco della concorrenza? La risposta è… “dipende”.

Le funzioni protette del marchio

La funzione di indicazione di origine

La funzione principale del marchio è quelle di indicazione di origine. Con l’apposizione del proprio marchio, l’imprenditore vuol comunicare al pubblico che un prodotto o un servizio provengono da lui. Questa funzione del marchio non tutela soltanto l’imprenditore. Anzi, il destinatario principale della protezione è il pubblico, il quale ha diritto ad essere correttamente informato sull’origine di un prodotto o servizio.

L’utilizzo di un marchio registrato altrui come keyword costituirà una contraffazione se usato in modo da creare confusione per il pubblico circa l’origine di un prodotto o servizio. Si avrà contraffazione se l’annuncio o il link che appaiono come risultati della ricerca non sono chiari nel far capire che si riferiscono ad un’impresa diversa ed alternativa rispetto a quella cercata. In pratica, se l’utente cerca Ikea su Google ed appare l’annuncio di una diversa impresa di mobili, deve essere chiaro che cliccando sul link non entrerà nel sito di Ikea ma su quello di un diverso imprenditore. Non solo, l’utente non deve essere portato a credere che vi sia un qualche collegamento fra Ikea e l’altro imprenditore.

Le funzioni pubblicitaria e di investimento del marchio

L’indicazione di origine non è però l’unica funzione del marchio. Il marchio ha per l’imprenditore anche una funzione pubblicitaria e di investimento.

Secondo la Corte di Giustizia Europea, l’uso di un segno identico ad un marchio altrui per il posizionamento sui motori di ricerca non è di per sé idoneo a compromettere la funzione di pubblicità del marchio. Il fatto che l’uso del marchio da parte di un terzo costringa il suo titolare ad intensificare gli sforzi pubblicitari per mantenere la visibilità dei propri annunci non è sufficiente a determinare una contraffazione.

Invece, la funzione di investimento del marchio viene compromessa se il suo titolare viene intralciato negli sforzi fatti per mantenere o acquisire una reputazione idonea ad attirare o fidelizzare i consumatori. Anche in questo caso, non si ha contraffazione per il solo fatto che il corretto uso del marchio da parte di un terzo costringa il suo titolare ad intensificare gli investimenti per continuare ad acquisire consumatori o mantenerli fedeli.

L’uso di un marchio rinomato come keyword

I comuni marchi d’impresa sono protetti soltanto nei confronti di chi li usa in riferimento a beni o servizi simili a quelli del titolare del marchio. Diversamente, i marchi c.d. rinomati godono di una protezione maggiore. Il marchio rinomato non può essere usato da terzi, neppure in settori completamente diversi da quelli del titolare, se ciò comporta un danno per il marchio o un indebito vantaggio per chi lo usa.

Conseguentemente, il titolare di un marchio rinomato ha il diritto di vietare ad un concorrente di fare pubblicità a partire da una keyword ad esso corrispondente se:

  • detto concorrente trae un indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio altrui (parassitismo);
  • tale uso arreca pregiudizio a detto carattere distintivo (diluizione) o a detta notorietà (corrosione).

In particolare, si ha diluizione quando l’uso della parola chiave contribuisca a trasformare la natura del marchio corrispondente rendendolo un termine generico[1]. Un marchio diviene generico quando il pubblico lo utilizza per riferirsi ad un tipo di bene e non invece alla provenienza da un’impresa (si pensi ai termini scotch, cellophane, rimmel etc.). Questo fenomeno viene detto “volgarizzazione del marchio”.

Conclusioni

Quali sono dunque gli usi consentiti del marchio altrui come keyword?

Un concorrente può usare un marchio altrui come keyword per presentare prodotti o servizi equivalenti a quelli per cui il marchio è stato registrato se:

  • sia chiara l’assenza di collegamenti con il titolare del marchio;
  • non si offra una semplice imitazione dei suoi prodotti;
  • non si provochi una diluizione o una corrosione del marchio;
  • non ci si avvantaggi dalla sua notorietà.

In sostanza, è consentito l’uso finalizzato a fornire al pubblico un’alternativa rispetto al prodotto descritto dal marchio registrato. Tale uso del marchio altrui è consentito, poiché crea un effetto concorrenziale positivo ed informa il pubblico sulla presenza di alternative al prodotto originariamente cercato.

Il fatto che ciò costringa il titolare del marchio ad intensificare i propri sforzi pubblicitari od a mantenere alta la qualità del prodotto per non perdere clienti non è di per sé sufficiente a compromettere le funzioni del marchio.

[1] C-323/09 Interflora e Interflora British Unit.

 

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