Viola i diritti d’autore la vendita di dispositivi per lo streaming da siti pirata

dispositivi per lo streaming
Massimo Bacci

Scritto da Massimo Bacci

Avvocato esperto in materia di proprietà intellettuale, diritto delle nuove tecnologie e protezione dei dati.

1 Maggio 2017

Anche la vendita di dispositivi per lo streaming può violare i diritti d’autore secondo la Corte di Giustizia

Viola il diritto esclusivo di comunicazione al pubblico la vendita di lettori multimediali nei quali sono state preinstallate estensioni contenenti collegamenti ipertestuali a siti web liberamente accessibili al pubblico, sui quali sono state messe a disposizione opere tutelate dal diritto d’autore senza l’autorizzazione dei titolari di tale diritto[1].

Così si è pronunciata la Corte di Giustizia Europea all’esito della domanda pregiudiziale formulata dai giudici olandesi per risolvere il caso dinanzi a loro pendente fra la Stichting Brein, una fondazione che tutela gli interessi dei titolari del diritto d’autore, ed il sig. Jack Frederik Wullems. Quest’ultimo vendeva un lettore multimediale denominato “filmspeler”, sul quale aveva preinstallato un software open source che consentiva, mediante collegamenti ipertestuali verso siti internet di streaming illegale, di riprodurre sul proprio televisore, con un semplice click, opere protette dal diritto d’autore. Il sig. Wullems reclamizzava il proprio dispositivo affermando che esso consentiva di guardare gratuitamente e facilmente, su uno schermo televisivo, materiale audiovisivo disponibile su Internet senza l’autorizzazione dei titolari del diritto d’autore.

In base al considerando 27 della direttiva 2001/29, la mera fornitura di attrezzature fisiche atte a rendere possibile o ad effettuare una comunicazione non costituisce di per sé una “comunicazione” ai sensi della direttiva in parola. Tuttavia, ciò non impedisce, secondo la Corte di Giustizia, di considerare la vendita dei dispositivi “filmspeler” come un atto di comunicazione al pubblico di opere protette.

Nel noto caso SGAE v Rafael Hoteles[2], la Corte di Giustizia si era pronunciata in riferimento alla fornitura di apparecchi televisivi nelle camere di hotel, affermando che, anche se la mera fornitura di attrezzature fisiche non costituisce, in quanto tale, una comunicazione ai sensi della direttiva 2001/29, tuttavia tale installazione può rendere tecnicamente possibile l’accesso del pubblico alle opere radiodiffuse. Pertanto, se, mediante apparecchi televisivi in tal modo installati, l’albergo distribuisce il segnale ai suoi clienti alloggiati nelle camere dello stesso, si avrà comunque una comunicazione al pubblico, senza che occorra accertare quale sia la tecnica di trasmissione del segnale utilizzato.

Nel caso di specie, il dispositivo ideato e venduto dal Sig. Wullems, non si limita, secondo la Corte, a rendere possibile la comunicazione di opere protette. Infatti, la preinstallazione di estensioni contenti link a siti di streaming illegali, consente agli acquirenti di accedere alle opere contraffatte e di visualizzarle sul loro schermo televisivo. Il dispositivo consente di accertare il collegamento diretto tra i siti web pirata e gli acquirenti di detto lettore multimediale, senza il quale questi ultimi potrebbero soltanto con difficoltà beneficiare delle opere tutelate, considerando peraltro che la maggior parte di questi siti non sono facilmente identificabili dal pubblico e cambiano spesso indirizzo. Secondo la Corte, una simile attività non coincide con la mera fornitura di attrezzature fisiche e può dunque configurare una comunicazione al pubblico non autorizzata di opere protette.

La Corte di Giustizia ha avuto modo di pronunciarsi più volte con riferimento alla possibilità di configurare l’attività di linking come una comunicazione al pubblico. In base a quanto affermato nei casi Svensson[3] e Bestwater[4], il collocamento su un sito web di collegamenti ipertestuali a un’opera protetta che è stata resa liberamente disponibile su un altro sito web, con l’autorizzazione dei titolari del diritto d’autore di tale opera, non può essere qualificata come “comunicazione al pubblico”, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29. A tale proposito, la Corte ha constatato che, qualora e fintantoché tale opera sia liberamente disponibile sul sito Internet cui il collegamento ipertestuale consente di accedere, si deve ritenere che i titolari del diritto d’autore di tale opera, quando hanno autorizzato detta comunicazione, abbiano considerato l’insieme degli utenti Internet come pubblico, sicché l’atto di comunicazione rappresentato dal collegamento ipertestuale non può dirsi rivolto ad un pubblico nuovo.

Tuttavia, la stessa considerazione non può essere estesa al caso in cui una tale autorizzazione da parte dell’autore sia assente e dunque all’attività di linking verso siti streaming pirata. Con riferimento a questa ipotesi, la Corte ha infatti dichiarato nel caso GSMedia[5] che, qualora una persona che offre un accesso diretto a opere tutelate sia al corrente, o sia tenuta ad esserlo in virtù del carattere commerciale della propria attività, del fatto che il collegamento ipertestuale da essa collocato fornisce accesso a un’opera illegittimamente pubblicata su Internet, la messa a disposizione di detto collegamento costituisce una “comunicazione al pubblico” ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29.

Nel caso di specie, non solo l’attività di linking ha un evidente fine commerciale, ma è pacifico che la vendita del lettore multimediale “filmspeler” sia stata effettuata in piena cognizione della circostanza che i collegamenti ipertestuali preinstallati davano accesso a opere illegittimamente pubblicate su Internet, poiché di ciò si faceva espresso riferimento nella pubblicità.

Nel giudizio di merito, il Sig. Wullems difendeva la propria posizione sostenendo che lo streaming di opere tutelate dal diritto d’autore provenienti da una fonte illegittima rientrerebbe nell’eccezione, contemplata sia dalla normativa europea che da quella olandese, secondo cui sono consentiti gli atti di riproduzione temporanea privi di rilievo economico proprio che sono transitori o accessori, e parte integrante e essenziale di un procedimento tecnologico, eseguiti all’unico scopo di consentire la trasmissione in rete tra terzi con l’intervento di un intermediario o un utilizzo legittimo di un’opera o di altri materiali[6].

Affinché tale eccezione possa applicarsi, è necessario che tutti e cinque i requisiti posti dalla norma siano presenti[7]. L’atto di riproduzione deve pertanto essere: 1) temporaneo, 2) transitorio o accessorio; 3) costituire parte integrante di un procedimento tecnologico; 4) essere privo di rilievo economico; 5) avere come unico scopo quello di consentire la trasmissione in rete tra terzi con l’intervento di un intermediario o un utilizzo legittimo di un’opera.

Con riferimento all’ultimo requisito, poiché lo scopo non era quello di consentire la trasmissione in rete tra terzi, al fine di applicare l’eccezione doveva accertarsi l’uso legittimo dell’opera protetta.

Secondo la Corte, alla luce, in particolare, del contenuto della pubblicità fatta per il lettore multimediale, la principale attrattiva di detto lettore per i potenziali acquirenti risiedeva nella preinstallazione delle estensioni interessate. Essi erano pertanto consapevoli di accedere ad un’offerta gratuita e non autorizzata di opere tutelate.

Secondo la Corte, le riproduzioni, anche se temporanee, delle opere su un tale dispositivo sono tali da pregiudicare il normale sfruttamento delle opere in parola e da ledere ingiustificatamente gli interessi legittimi del titolare del diritto. Ne deriva infatti una riduzione delle transazioni legali relative a tali opere protette, che arreca un ingiustificato pregiudizio ai titolari del diritto d’autore.

Poiché la riproduzione non è finalizzata ad un utilizzo legittimo dell’opera, non sussistono i requisiti per l’applicazione dell’eccezione in commento.

Quest’ultima parte della decisione suscita notevole interesse, in quanto sembra aprire la strada alla criminalizzazione dell’attività di streaming anche da parte degli utenti finali, che sino a questo momento, a differenza del downloading, non veniva considerata come illegittima.

[1] C-527/15.

[2] C-306/05.

[3] C-466/12.

[4] C-348/13.

[5] C-160/15.

[6] Art. 5, comma 1, Dir. 2001/29.

[7] Si veda al riguardo Premier League Football Association C-403/08.

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