Contratti di Distribuzione: la Concessione di Vendita

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Massimo Bacci

Scritto da Massimo Bacci

Avvocato esperto in materia di proprietà intellettuale, diritto delle nuove tecnologie e protezione dei dati.

29 Marzo 2020

Contratti di Distribuzione: la Concessione di Vendita

La concessione di vendita è il contratto di distribuzione integrata più diffuso, tant’è che spesso viene chiamato più semplicemente contratto di distribuzione.

Sebbene abbia alcuni aspetti in comune con la somministrazione, la concessione di vendita non è un contratto tipico e non trova una definizione nel Codice Civile. Pertanto, i contratti di distribuzione si differenziano spesso l’uno dall’altro, potendosi adattare alle esigenze concrete delle parti.

Mediante la concessione di vendita, un produttore (concedente) punta a creare una rete di distribuzione ufficiale dei suoi prodotti in un territorio. Il concessionario di vendita, che spesso prende il nome di rivenditore autorizzato o distributore ufficiale, entra a far parte della rete di distribuzione del concedente, pur mantenendo la sua autonomia.

Volendo generalizzare il più possibile, possiamo dire che la concessione di vendita è un accordo quadro, che detta le condizioni di base al cui interno si perfezionano poi singoli contratti di compravendita, ovvero gli ordini e le forniture. Ciò che distingue un concessionario di vendita da un semplice rivenditore abituale sono la stabilità del rapporto e l’applicazione di condizioni generali.

I contratti di distribuzione internazionali e gli importatori esclusivi

Le reti vendita internazionali prevedono spesso l’assegnazione di un territorio nazionale o sovranazionale ad un importatore, al quale viene concessa un’esclusiva commerciale sul territorio.

A sua volta, l’importatore potrà organizzare come crede (fatti salvi gli impegni contrattuali con il produttore) la sua rete vendite all’interno del territorio. Ad esempio, un importatore con contratto di esclusiva per l’Italia potrà contrattualizzare con una concessione di vendita i distributori italiani, rendendoli rivenditori autorizzati.

Attenzione alle norme Antitrust e agli accordi limitativi della concorrenza: vendite attive e passive

Uno degli aspetti giuridici più importanti con cui devono confrontarsi i contratti di distribuzione esclusiva sono le norme europee sulla libera concorrenza.

L’Europa è un mercato unico e sono vietate e duramente sanzionate le intese finalizzate a frammentarlo, limitando le vendite e le importazioni fra i vari Stati membri. Conseguentemente, la possibilità per un produttore di garantire l’esclusiva in un Paese europeo è molto limitata.

Il produttore può impegnarsi verso l’importatore italiano a non vendere i suoi prodotti a nessun altro in Italia. Tuttavia, non può garantirgli che nessun altro soggetto che abbia acquistato i suoi prodotti in un diverso Paese europeo vada poi a rivenderli in Italia. Ad esempio, il produttore non può vietare al suo importatore esclusivo per la Germania di rivendere i prodotti in Italia o in altri Paesi europei. Tantomeno può fare in modo che ciò sia vietato per i singoli distributori dell’importatore esclusivo.

Se una clausola limitativa della concorrenza venisse inserita all’interno di un contratto di distribuzione, non soltanto sarebbe nulla, ma entrambe le parti rischierebbero di essere duramente sanzionate dalla Commissione Europea.

La possibilità di vietare le vendite attive ma non le vendite passive

Ma se l’Europa è un mercato unico e le vendite transfrontaliere non possono essere vietate, che senso hanno i contratti di distribuzione esclusiva per Paese?

Se nel paragrafo precedente ho generalizzato un po’, adesso è necessario fare una precisazione. Non tutte le clausole contrattuali che vietano le vendite al di fuori del territorio di esclusiva sono vietate. Sono infatti consentite le clausole che vietano le vendite attive al di fuori del territorio di esclusiva. Non possono invece essere vietate le vendite passive.

La differenza fra vendite attive e passive si può intuire già dal nome. Sono vendite attive quelle che richiedono un comportamento attivo da parte del venditore per concludere un contratto di compravendita.

Rientrano fra le vendite attive i messaggi di posta elettronica con offerte non sollecitate, le visite ai clienti, l’incarico ad agenti per sollecitare le vendite su un determinato territorio, il ricorso a campagne pubblicitarie che prendano come target i clienti di un determinato territorio etc.

Sono invece vendite passive quelle che rispondono ad ordini non sollecitati da parte di clienti.

Nel contratto di distribuzione esclusiva, il produttore può vietare all’importatore esclusivo tedesco di effettuare vendite attive dei suoi prodotti fuori della Germania. Può anche imporgli di vincolare allo stesso divieto i suoi reseller. Tuttavia, non può vietargli di vendere ad un cliente italiano che effettui un ordine non sollecitato.

Le vendite su Internet sono attive o passive?

Le vendite su Internet sono generalmente considerate vendite passive, anche se il sito è raggiungibile da ogni parte del mondo. Pertanto, in linea generale non possono essere vietate mediante un contratto di distribuzione.

Ovviamente, ogni caso merita di essere considerato singolarmemente. Infatti, non si può escludere che si abbia una vendita attiva quando vengono effettuate campagne pubblicitarie che si concentrano su un territorio target, magari utilizzando solo la lingua di quel territorio.

Occore comunque fare moltissima attenzione alle clausole che vietano o limitano le vendite online all’interno dei contratti di distribuzione. Queste clausole sono spesso in violazione delle norme sulla concorrenza e tendono ad essere sanzionate molto duramente. Gli unici e limitati casi in cui è possibile vietare le vendite su Internet sono quelli consentiti nella distribuzione selettiva, di cui parlerò in seguito.

I vantaggi della creazione di una rete ufficiale di vendita

Nonostante i numerosi aspetti da tenere in considerazione, la creazione di una rete vendite ufficiale può portare diversi vantaggi. Inoltre, il ricorso ad un contratto scritto e chiaro è di fondamentale importanza.

É sbagliato ritenere che l’assenza di un contratto renda il produttore o l’importatore libero da vincoli ed obblighi. Infatti, la giurisprudenza riconosce il formarsi de facto di rapporti di concessione di vendita anche in assenza di un contratto scritto. Di conseguenza, quando i rapporti di fornitura con una rete di distributori diventano stabili e costanti, i vincoli si creano in ogni caso. Tanto vale quindi mettere per iscritto e rendere le chiare le condizioni del rapporto.

La politica dei prezzi

La creazione di una rete di distributori ufficiali permette di mantenere un certo controllo sulle modalità e sulle condizioni di rivendita dei prodotti.

Sebbene non sia consentito imporre il rispetto di prezzi minimi ai distributori, la creazione di una rete di vendita ufficiale permette anche una certa stabilizzazione dei prezzi. Infatti, i distributori ufficiali tenderanno a seguire le politiche dei prezzi suggerite dalla casa madre.

Inoltre, la creazione di una rete di vendita ufficiale può servire a contrastare il ribasso incontrollato e spesso non sostenibile dei prezzi generato dalle vendite su Internet e dalle importazioni da Paesi dove il costo della vita è più basso. Ciò in quanto il consumatore tende ad attribuire una maggiore fiducia al rivenditore ufficiale, preferendolo rispetto a venditori sconosciuti che magari praticano prezzi più bassi.

Inoltre, i rivenditori autorizzati sono spesso in grado di fornire delle garanzie aggiuntive sul prodotto rispetto alle garanzie minime di legge.

Le caratteristiche del contratto di concessione di vendita

La concessione di vendita è un contratto atipico. La sua disciplina non si trova nel codice civile e pertanto può essere adattato alle esigenze delle parti e del mercato di riferimento, pur nel rispetto delle norme imperative di legge.

La clausola di esclusiva

La clausola di esclusiva, in parte già vista per i contratti di distribuzione esclusiva internazionali, è un elemento comune della concessione di vendita ma non essenziale. Essa può essere prevista sia a favore del concedente che del concessionario.

L’esclusiva in favore del concedente impedisce al concessionario di acquistare i prodotti da soggetti diversi dal primo. L’esclusiva in favore del concessionario obbliga il concedente a non vendere a soggetti diversi dal concessionario in un particolare territorio. Il concedente non potrà inoltre nominare altri rivenditori autorizzati all’interno del territorio assegnato al concessionario in esclusiva.

In mancanza di una diversa pattuizione, l’esclusiva deve ritenersi riferita a tutti i prodotti oggetto del contratto di concessione di vendita.

Il patto di non concorrenza

Un altro elemento ricorrente ma non essenziale del contratto è il divieto di concorrenza in capo al concessionario. In base a questa clausola, il concessionario non potrà vendere prodotti in concorrenza con quelli del concedente.

Come per l’esclusiva, anche il divieto di concorrenza può non essere previsto nei contratti di distribuzione. Non è infrequente che un negozio multimarca sia rivenditore autorizzato di un determinato brand ma possa vendere anche marchi diversi.

La promozione delle vendite

L’obbligo di promuovere le vendite dei prodotti può essere contrattualizzato oppure lasciato all discrezionalità delle parti. Infatti, sia il concedente che il concessionario hanno un interesse naturale a promuovere i prodotti.

Se previsto, l’obbligo promozionale può essere contrattualizzato in modo generico, ad esempio imponendo alle parti di promuovere i prodotti in maniera efficiente, oppure più specifico. In quest’ultimo caso, le parti possono fissare un budget per la promozione oppure indicare le attività da porre in essere.

I minimi di acquisto

L’imposizione di minimi di acquisto in capo al concessionario è un elemento non essenziale ma importante quando si concede un’esclusiva territoriale. Infatti, se il concessionario con esclusiva commerciale su un territorio non è efficiente e non riesce a vendere abbastanza prodotti, il concedente perderà fatturato. Tuttavia, in virtù del vincolo di esclusiva, il concedente non potrà vendere sul territorio se non ricorrendo al concessionario.

Poichè il concedente deve riuscire a mantenere efficiente la rete di distribuzione su tutto il territorio, è importante attribuire al concessionario degli obiettivi. In caso di mancato raggiungimento dell’obiettivo annuale, la conseguenza potrà essere la perdita del diritto di esclusiva oppure la risoluzione del contratto. In questo modo, il concedente tornerà libero di far fronte all’inefficienza del concessionario ricorrendo ad un altro rivenditore.

L’uso del marchio

Normalmente, il contratto di concessione di vendita comporta, almeno implicitamente, anche una licenza del marchio del concedente.

Indipendentemente dall’esistenza di un contratto di distribuzione, chiunque rivenda un prodotto può utilizzarne il marchio per comunicare la vendita. Non tutti gli usi del marchio sono però consentiti. Sono vietati gli usi del marchio che tendano a suggerire l’esistenza di un rapporto contrattuale fra il rivenditore ed il titolare del marchio, ove questo rapporto non esista.

Soltanto coloro che fanno parte delle rete di distribuzione del titolare del marchio potranno definirsi rivenditori ufficiali, distributori autorizzati etc. Inoltre, previa autorizzazione del titolare, potranno usare il marchio in modi non sono consentiti ad un normale rivenditore autonomo.

Lo scioglimento del contratto e la tutela del contraente debole

Il contratto di concessione di vendita può avere una durata determinata oppure essere a tempo indeterminato. In quest’ultimo caso, è possibile per ciascuna delle parti esercitare il diritto di recesso (c.d. ad nutum) ma fornendo un congruo preavviso.

Per stabilire quale sia la durata congrua del preavviso occorre valutare caso per caso. Un rapporto contrattuale che dura da molti anni avrà bisogno di un preavviso più lungo. Un contratto che non prevede diritti di esclusiva per le parti o divieti di concorrenza potrà invece essere risolto anche in un periodo più breve.

Il criterio a cui fare riferimento per determinare la congruità del preavviso è la buona fede. Occorre dare all’altra parte contrattuale il tempo necessario a riorganizzarsi. Al concedente dovrà essere concesso il tempo necessario a trovare un altro distributore. Al concessionario dovrà essere dato il tempo necessario per riorganizzare la sua attività e vendere altri prodotti.

Nello stabilire la durata dei contratti e il termine di recesso occorre tener conto degli interessi del contraente debole, ovvero del concessionario. Quest’ultimo si trova spesso a dover accettare le condizioni imposte dal concedente senza possibilità di negoziazione. La giurisprudenza tende pertanto a tutelare la posizione del contraente debole nei confronti di abusi del diritto imposti dal concedente.

La distribuzione selettiva

La distribuzione selettiva permette ad un produttore di mantenere il massimo controllo sulle modalità di commercializzazione dei suoi prodotti.

Mentre nella distribuzione attraverso rivenditori autorizzati, il produttore ammette la possibilità che i suoi prodotti siano venduti anche da altri commercianti, con la distribuzione selettiva viene creata una rete di vendita chiusa. Ogni grossista viene autorizzato a rivendere soltanto ai rivenditori autorizzati ed ogni rivenditore è obbligato al rispetto di determinati requisiti per continuare a far parte della rete vendita ufficiale.

La distribuzione selettiva viene utilizzata per la vendita di prodotti tecnicamente complessi, che richiedono al rivenditore determinate competenze per fornire un servizio adeguato di pre e post-vendita (ad esempio le automobili). Ancora più spesso, la distribuzione selettiva viene utilizzata per i prodotti di lusso, la cui vendita deve avvenire in locali di prestigio e da parte di personale qualificato.

Nell’ambito di una distribuzione selettiva, la Corte di Giustizia ha talvolta ammesso il ricorso a clausole che vietino la rivendita su Internet, in particolare tramite portali come Amazon, Ebay etc. A tal riguardo, si veda la sentenza Coty Germany C230-16. Ciò è possibile quando la vendita tramite Internet potrebbe arrecare un pregiudizio al prestigio del marchio.

Redigere un contratto di distribuzione

Piccole e medie imprese spesso tendono a non avere dei contratti di distribuzione scritti, facendo piuttosto affidamento sul rapporto continuativo instaurato con i propri rivenditori. In questi casi, di fatto si viene a creare un rapporto contrattuale fra le parti senza che talvolta neppure esse lo sappiano. La forma scritta non è infatti richiesta e contratti e vincoli possono facilmente crearsi per fatti concludenti.

Sino a quando il rapporto fra le parti è sano e proficuo per entrambe, queste situazioni non creano alcun problema. Quando però le cose vanno male, l’assenza di un contratto che esponga chiaramente obblighi e condizioni può facilmente risolversi in una controversia giudiziale.

Peggio ancora, alcune imprese ricorrono al “fai da te” nella redazione dei contratti di distribuzione, magari affidandosi a dei moduli prestampati scaricati da Internet o acquistati per pochi spiccioli. Questa soluzione porterà probabilmente ad avere un contratto poco efficiente, poiché non redatto sulla base delle esigenze concrete delle parti. Allo stesso tempo può rivelarsi molto rischioso. In questo articolo abbiamo evidenziato soltanto alcune delle norme che devono essere tenute in considerazione per redigere un contratto di distribuzione. La violazione di norme antitrust o la stipula di clausole limitative della concorrenza può comportare infatti sanzioni elevatissime.

Per avere informazioni sulla preparazione di un contratto di distribuzione, rivolgiti ad un professionista e contatta IPRights.

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