Vendita software: i vantaggi nel passare ad un modello SaaS

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Massimo Bacci

Scritto da Massimo Bacci

Avvocato esperto in materia di proprietà intellettuale, diritto delle nuove tecnologie e protezione dei dati.

2 Giugno 2019

Vendita software: i vantaggi nel passare ad un modello Software as a Service (SaaS)

La vendita di un software non può essere equiparata a quella di un qualsiasi bene mobile, come una sedia o un tavolo. A differenza di questi oggetti, il software in sé non è fisicamente tangibile ma ha carattere immateriale. É questa sua peculiarità che rende necessaria l’adozione di alcuni accorgimenti nella stesura dei contratti che ne regolano la vendita. Una parola sbagliata può infatti modificare completamente il senso dell’accordo e far sì che la software house ceda all’acquirente anche diritti che intendeva riservarsi. Nei casi più gravi, un contratto sbagliato può determinare anche la perdita della proprietà intellettuale del software.

In questo articolo introdurrò alcuni concetti fondamentali necessari a far capire al lettore cosa succede, a livello giuridico, nella vendita di un software. Successivamente cercherò di spiegare perché molte software house stanno passando al modello di vendita Software as a Service ed i vantaggi che esso comporta.

La proprietà intellettuale del software

Il carattere immateriale del software e la sua natura di opera dell’ingegno fanno sì che esso sia protetto da diritti di proprietà intellettuale: i c.d. IP-Rights. In particolare, possiamo genericamente dire che ogni software o meglio i suoi codici sorgente ed oggetto sono protetti da diritto d’autore. A ciò possono aggiungersi ulteriori diritti di proprietà intellettuale sul software, dalla tutela brevettuale sino a quella offerta da marchi, design e trade secrets. Per non complicare troppo le cose, in questa sede mi concentrerò esclusivamente sul diritto d’autore.


Per approfondimenti si veda “Proprietà intellettuale del software: come proteggerla” e “Brevettare un’applicazione software è possibile?“.


La protezione del software mediante diritto d’autore attribuisce al programmatore o alla software house che lo hanno sviluppato alcuni diritti di esclusiva, elencati all’art. 64 bis L.d.a. Esclusiva significa che, prima che intervenga un contratto che autorizzi o ceda l’esercizio di questi diritti, soltanto il suo autore potrà esercitarli legittimamente.

In particolare, i diritti di esclusiva comprendono:

  • la riproduzione, permanente o temporanea, totale o parziale, del software con qualsiasi mezzo o in qualsiasi forma. Ivi compresi il caricamento, la visualizzazione, l’esecuzione, la trasmissione o la memorizzazione;
  • la traduzione, l’adattamento, la trasformazione e ogni altra modificazione del programma;
  • la distribuzione al pubblico, compresa la locazione, del programma per elaboratore originale o di copie dello stesso.

Affinché non solo l’autore ma anche gli utenti possano esercitare i suddetti diritti o alcuni di essi, è necessario l’intervento di un contratto che li autorizzi e che prende il nome di licenza software.

L’importanza di indicare contrattualmente i diritti ceduti

Abbiamo detto che la vendita software non può essere equiparata a quella di un oggetto materiale. Quando si vende un tavolo si trasferisce la proprietà su di esso, ovvero un diritto c.d. reale. Quando si vende un software invece ne viene forse trasferita la proprietà? Nella stragrande maggioranza dei casi la risposta è no. Quello che si trasferisce, o perlomeno si vorrebbe trasferire, sono una serie di diritti di godimento sul software, ovvero alcuni fra i diritti di esclusiva sopra menzionati.

Questo concetto deve però essere reso chiaro all’interno del contratto, altrimenti si rischiano fraintendimenti e si va incontro a controversie legali spesso incerte. Infatti, se nella vendita dei software pacchettizzati la volontà delle parti di non trasferire tutti i diritti di proprietà intellettuale è spesso evidente, non sempre è così chiaro per la vendita di software altamente personalizzati. Si pensi ad un software realizzato su commissione e seguendo le istruzioni di un committente, oppure di un software verticalizzato secondo le esigenze del cliente. In questi casi quanti e quali diritti vengono ceduti?


Per approfondimenti leggi anche “Contratto di sviluppo software: attenzione ai diritti d’autore!“.


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Ecco perché è fondamentale precisare l’oggetto del contratto, quali sono i diritti trasferiti e se su di essi si ceda o meno un’esclusiva. Ad esempio, il diritto di riproduzione, quantomeno temporanea, sarà sempre oggetto di cessione, in quanto necessario all’esecuzione del software. Generalmente, esso viene però limitato ad un numero massimo di utenti, a seconda del pacchetto acquistato. Il diritto di modificare e personalizzare autonomamente il software sarà ceduto solo in alcuni e limitati casi, nei quali si mette a conoscenza del cliente (sempre con le dovute cautele!) il codice sorgente. Invece, il diritto di distribuzione verrà quasi sempre riservato alla software house, a meno che non si voglia stipulare un contratto di distribuzione.

Vendita software e principio dell’esaurimento

Chiarito che la vendita di un software e quella di un tavolo sono sostanzialmente diverse, cosa dire riguardo alla vendita di un libro? In questo caso i concetti si avvicinano molto, in particolare quando il software viene venduto su un supporto materiale (DVD o CD-ROM). La vendita di un libro, o meglio di una sua copia, trasferisce all’acquirente la proprietà del supporto materiale ma non quella dei diritti di proprietà intellettuale sull’opera letteraria. Allo stesso modo, quando si acquista un software pacchettizzato presso un negozio, si ottiene la proprietà del supporto materiale ma si acquisiscono sul software soltanto i diritti di utilizzazione specificati nella licenza.

Se acquisto la copia di un libro, non vi è alcun dubbio sul fatto che io possa rivenderla a terzi. Ma se il diritto di distribuzione al pubblico dell’opera letteraria è riservata all’autore, perché io posso rivendere la mia copia del libro? Non sto violando questo diritto? La risposta è no e dipende dal c.d. principio dell’esaurimento. Il diritto esclusivo di distribuzione dell’autore si esaurisce (soltanto all’interno del mercato europeo) con la prima vendita legittima della copia del libro. Questo mi consente di rivendere la mia copia senza alcuna autorizzazione.


Leggi anche “Licenza d’uso software e principio dell’esaurimento“.


Lo stesso principio si applica anche al software, secondo quanto stabilito dall’art. 64 bis, comma 2 L.d.a. Una volta acquistata legalmente la copia di un software pacchettizzato, sarò libero di rivenderla all’interno del mercato europeo senza violare il diritto di distribuzione della software house.

Principio dell’esaurimento: un nemico da combattere per le software house

Con riferimento alla vendita di libri, il diritto di esaurimento non crea grossi problemi agli editori. Certamente sarebbe bello per loro se chiunque volesse leggersi un libro dovesse acquistarne una copia personale. In ogni caso, autori ed editori riescono ad ottenere il loro compenso dalla prima vendita delle singole copie. Infatti, l’acquisto di un libro è relativamente poco costoso mentre di gran lunga più costosa è la sua copiatura.

Per il software vale l’esatto inverso. Alcuni di essi sono estremamente costosi, mentre la loro copiatura, purché si riesca ad aggirare le misure di sicurezza, ha costo zero. Ciò rende fondamentale per una software house mantenere il maggior controllo possibile sulle copie vendute dei propri software e sulla loro distribuzione.

Ecco allora che il principio dell’esaurimento costituisce per le software house un nemico da combattere. Un sua applicazione distorta permette a Tizio di acquistare un software, copiarlo e poi rivenderlo a Caio, il quale potrà fare altrettanto. Ovviamente la copiatura del software è illegittima ma comunque difficile da impedire.

La vendita software tramite download e l’applicabilità del principio dell’esaurimento

Con la nascita di reti di connessione Internet sempre più veloci, la distribuzione dei software tramite la vendita di supporti materiali è divenuta superflua e sempre meno comune. Nella maggior parte dei casi, i software oggi vengono acquistati online o comunque scaricati direttamente da Internet. Ecco quindi che una domanda sorge spontanea. Con riferimento ai software acquistati tramite download e senza ottenere la proprietà su alcun supporto materiale, si applica o meno il diritto dell’esaurimento? Posso acquistare una licenza software per poi rivenderla ad un terzo?

Per diverso tempo, le software house hanno tentato di dare una risposta negativa a questa domanda. Nei contratti si leggeva, e spesso si legge ancora, che le licenze software sono personali e non possono essere rivendute o cedute a terzi. Le speranze delle software house di arginare il principio dell’esaurimento sono cadute dinnanzi alla sentenza della Corte di Giustizia Europea nel caso Oracle del 2012. La Corte ha precisato che il diritto di distribuzione della copia di un programma è esaurito qualora il titolare del diritto d’autore che abbia autorizzato il download della copia abbia parimenti conferito il diritto di utilizzare la copia stessa, “senza limitazioni di durata”.

Il termine “senza limitazioni di durata” ha costituito un passaggio fondamentale, che ha contribuito, assieme ad altri fattori, al passaggio verso un nuovo modello di distribuzione dei software: quello del Cloud Computing SaaS.

Il venir meno del principio dell’esaurimento nella vendita software SaaS

A chiunque utilizzi software nell’ambito del proprio lavoro non può essere sfuggito negli ultimi anni il passaggio verso dei modelli di licenza “ad abbonamento”. Da Microsoft Office 365 sino ad i software Adobe, come Photoshop, Lightroom etc. Sempre più spesso non si acquista una licenza perpetua che ci autorizza all’uso del software senza limiti di durata, bensì un abbonamento mensile oppure annuale. Non solo, sempre più spesso i software vengono forniti senza che vi sia bisogno di un’installazione sul computer dell’utente, il quale potrà accedervi in modalità Cloud tramite un browser ed un collegamento ad Internet. Altre volte, l’utente installa sul proprio dispositivo un’applicazione, la quale tuttavia ha bisogno di accedere a dati situati su server remoti per essere usata o per utilizzare alcune funzionalità.

Questi modelli di contratto vengono definiti SaaS: Software as a Service. In sostanza il software non viene più venduto, bensì fornito all’utente come un servizio, per un periodo limitato di tempo. Questo modello, oltre a consentire alcuni vantaggi per il cliente in termini di scalabilità, disponibilità continua di aggiornamenti, assistenza e manutenzione, permette alle software house di mantenere un maggiore controllo sulla distribuzione delle copie dei software e di impedire l’applicazione del principio dell’esaurimento. Chi acquista una licenza SaaS, in genere non potrà cederla o rivenderla ad un terzo ed, in ogni caso, essa avrà comunque una durata limitata.

Conclusioni

Ovviamente non è tutto oro quel che luccica ed il modello as a Service non è necessariamente vantaggioso per tutte le soluzioni. Inoltre, la vendita di un software in modalità Cloud comporta per la software house anche la necessità di fornire un servizio di hosting dei dati, con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di responsabilità. Ecco perché la redazione del contratto, la quale dovrà tener conto anche degli aspetti legati alla privacy ed al GDPR, è di fondamentale importanza.


Leggi anche “Software house e GDPR: perché è fondamentale adeguarsi“.


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