Corte di Giustizia: The Pirate Bay compie attività di comunicazione al pubblico

The Pirate Bay comunicazione al pubblico
Massimo Bacci

Scritto da Massimo Bacci

Avvocato esperto in materia di proprietà intellettuale, diritto delle nuove tecnologie e protezione dei dati.

21 Giugno 2017

The Pirate Bay compie illecita attività di comunicazione al pubblico di opere protette dal diritto d’autore. A stabilirlo è la Corte di Giustizia Europea

Costituisce comunicazione al pubblico la messa a disposizione e la gestione, su Internet, di una piattaforma di condivisione che, mediante l’indicizzazione di metadati relativi ad opere protette e la fornitura di un motore di ricerca, consente agli utenti di tale piattaforma di localizzare tali opere e di condividerle nell’ambito di una rete tra utenti (peer-to-peer).

Il suddetto principio è stato affermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea con sentenza del 14 Giugno 2017[1], all’esito di un rinvio pregiudiziale della Corte Suprema dei Paesi Bassi in un procedimento promosso dalla Stiching Brein, fondazione che protegge gli interessi dei titolari dei diritti d’autore, nei confronti degli Internet Service Provider Ziggo e XS4ALL, diretto a far ingiungere a questi ultimi il blocco dei nomi a dominio e degli indirizzi IP della piattaforma di condivisione online “The Pirate Bay”.

La Ziggo e la XS4ALL sono fornitori di accesso ad Internet. La Corte di Giustizia ha rilevato come una parte rilevante dei loro abbonati utilizzi la piattaforma di condivisione online The Pirate Bay, la quale costituisce un indice ed un motore di ricerca di file BitTorrent.

Il BitTorrent è un protocollo mediante il quale gli utenti (denominati “peers”) possono condividere file. La caratteristica essenziale di BitTorrent consiste nel fatto che i file da condividere sono divisi in piccole parti, per cui non è necessario disporre di un server centrale per la loro memorizzazione. Per poter condividere i file, gli utenti devono prima scaricare un software specifico, denominato “client-BitTorrent”, che non viene fornito da The Pirate Bay ma che è comunque facilmente reperibile in rete. Mediante il client-BitTorrent, gli utenti (denominati “seeders”) che intendono mettere un file presente sul loro computer a disposizione di altri utenti (denominati “leechers”) possono creare un file torrent. I file torrent rinviano ad un server centrale (denominato “tracker”), il quale identifica gli utenti disponibili a condividere un determinato file torrent nonché il relativo file multimediale. Tali file torrent sono caricati (mediante upload) dai seeders su una piattaforma di condivisione online, quale The Pirate Bay, che provvede quindi a indicizzarli, affinché possano essere reperiti dagli utenti della piattaforma di condivisione online e affinché le opere cui tali file torrent rinviano possano essere scaricate (mediante download) in diversi frammenti sui computer degli utenti, con l’ausilio del loro client-BitTorrent.

Rappresenta un fatto noto che i file torrent presenti sulla piattaforma The Pirate Bay rinviino spesso ad opere protette dal diritto d’autore, le quali vengono illecitamente condivise fra un rilevante numero di utenti. Al fine di evitare il perpetrarsi di questa prassi, la Stiching Brein ha chiesto agli Internet Service Provider di bloccare i nomi di dominio e gli indirizzi IP della piattaforma di condivisione online The Pirate Bay, sostenendo che anche quest’ultima, sebbene non fornisca direttamente ai propri utenti i file contenenti le opere protette, stia ponendo in essere una non autorizzata attività di comunicazione al pubblico di materiale coperto da diritto d’autore.

Al fine di risolvere la controversia, la Suprema Corte dei Paesi Bassi, mediante rinvio pregiudiziale, ha chiesto alla Corte di Giustizia di chiarire se l’attività posta in essere da The Pirate Bay possa essere considerata comunicazione al pubblico ai sensi dell’art. 3 della direttiva 2001/29. La risposta della Corte è stata positiva.

Secondo giurisprudenza costante della Corte di Giustizia, la nozione di comunicazione al pubblico consta di due elementi cumulativi, vale a dire un “atto di comunicazione” di un’opera e la comunicazione di quest’ultima a un “pubblico”.

Affinché vi sia un “atto di comunicazione” è sufficiente, in particolare, che l’opera sia messa a disposizione del pubblico in modo che coloro che compongono tale pubblico possano avervi accesso, dal luogo e nel momento da loro scelti individualmente, senza che sia determinante che utilizzino o meno tale possibilità. Quando un’opera viene originariamente comunicata con il permesso del titolare dei diritti d’autore, un diverso soggetto compie una nuova comunicazione al pubblico, necessitante di una nuova autorizzazione,  quando l’opera viene comunicata secondo modalità tecniche diverse da quelle fino ad allora utilizzate o, in mancanza, quando viene rivolta ad un “pubblico nuovo”, vale a dire a un pubblico che non sia già stato preso in considerazione dai titolari dei diritti nel momento in cui hanno autorizzato la comunicazione originaria delle proprie opere.

La Corte ha già dichiarato, a detto proposito, che il fatto di mettere a disposizione su un sito Internet dei link verso opere protette, offrendo agli utilizzatori del primo sito un accesso diretto a tali opere, costituisce un “atto di comunicazione” (si veda Hyperlinking e diritto esclusivo di comunicazione al pubblico. Il punto delle decisioni della Corte di Giustizia: Svensson, Bestwater e GS Media).

La Corte ha ribadito, come da giurisprudenza ormai costante, che la nozione di “pubblico” riguarda un numero indeterminato di destinatari potenziali e comprende, peraltro, un numero di persone piuttosto considerevole.

Infine, nella sentenza in commento la Corte ha evidenziato come, per determinare se vi sia comunicazione al pubblico, occorra valutare ogni situazione individualmente e tenere in considerazione una serie di parametri interdipendenti fra loro.

Un primo parametro è rappresentato dall’intenzionalità. L’utilizzatore realizza un atto di comunicazione quando interviene, con piena cognizione delle conseguenze del suo comportamento, per dare ai suoi clienti accesso a un’opera protetta, in particolare quando, in mancanza di questo intervento, tali clienti non potrebbero, o potrebbero solo con difficoltà, fruire dell’opera diffusa.

Un altro parametro rilevante è rappresentato dal carattere lucrativo dell’attività, secondo quanto già affermato nel caso GS Media in materia di hyperlinking e comunicazione al pubblico (si veda Hyperlinking e diritto esclusivo di comunicazione al pubblico. Il punto delle decisioni della Corte di Giustizia: Svensson, Bestwater e GS Media).

Alla luce dei suddetti principi, la Corte di Giustizia ha rilevato come opere protette dal diritto d’autore siano messe, mediante la piattaforma di condivisione online The Pirate Bay, a disposizione degli utenti di tale piattaforma, di modo che questi possono accedervi dal luogo e nel momento che scelgono individualmente. Sebbene le opere protette siano poste a disposizione per il download non direttamente dagli amministratori di The Pirate Bay, bensì dagli utenti, è altresì vero che detti amministratori intervengono con piena cognizione delle conseguenze del proprio comportamento, al fine di dare accesso alle opere protette, indicizzando ed elencando su tale piattaforma i file torrent che consentono agli utenti della medesima di localizzare tali opere e di condividerle nell’ambito di una rete tra utenti (peer-to-peer). Emerge inoltre che The Pirate Bay propone, in aggiunta a un motore di ricerca, un indice che classifica le opere in diverse categorie, a seconda della loro natura, del loro genere o della loro popolarità, e che gli amministratori di tale piattaforma verificano che un’opera sia inserita nella categoria adatta. Inoltre detti amministratori provvedono ad eliminare i file torrent obsoleti o errati e filtrano in maniera attiva determinati contenuti.

Secondo la Corte, senza la messa a disposizione e la gestione da parte dei suddetti amministratori di una siffatta piattaforma, le opere in questione non potrebbero essere condivise dagli utenti o, quantomeno, la loro condivisione su Internet sarebbe più complessa. Gli amministratori di The Pirate Bay hanno inoltre un ruolo attivo e pienamente consapevole e pertanto pongono in essere un’attività di comunicazione.

Per quanto riguarda la nozione di “pubblico”, ha rilevato la Corte come la piattaforma venga utilizzata da diverse decine di milioni di persone e che, pertanto, risulti indubbia la presenza di tale requisito. La Corte ha inoltre ritenuto che risulti integrato anche il requisito del “nuovo pubblico”, poiché la comunicazione viene diretta nei confronti di soggetti che non sono stati tenuti in considerazione dai titolari dei diritti d’autore nel momento in cui hanno autorizzato la comunicazione originaria.

Con riferimento al parametro della intenzionalità, la Corte di Giustizia ha evidenziato come gli amministratori di The Pirate Bay abbiano manifestato espressamente, sui blog e sui forum disponibili su detta piattaforma, il loro obiettivo di mettere a disposizione degli utenti opere protette, incitando questi ultimi a realizzare copie di tali opere e che, in ogni caso, gli stessi non potevano ignorare che tale piattaforma dà accesso ad opere pubblicate senza l’autorizzazione dei titolari di diritti.

Con riferimento al parametro dello scopo di lucro, la Corte ha sottolineato come tali piattaforme siano realizzate allo scopo di trarne profitto, dal momento che le stesse generano considerevoli introiti pubblicitari.

Indipendentemente dalla condivisibilità o meno del risultato ottenuto dalla Corte di Giustizia, il ragionamento giuridico con il quale la stessa vi arriva non appare convincente. L’impressione è che la Corte di Giustizia, piuttosto che partire dal dettato normativo per arrivare alla decisione, prenda invece le mosse dal risultato che intende ottenere per poi costruire a ritroso una interpretazione del concetto di comunicazione al pubblico che sia funzionale a tale risultato. Ciò comporta una situazione di perdurante incertezza intorno al concetto di comunicazione al pubblico, dimostrata dall’ingente numero di rinvii pregiudiziali relativi all’interpretazione dell’art. 3 della direttiva 2001/29. Non convincono infatti i criteri del “nuovo pubblico” e del “diverso mezzo tecnico”, utilizzati per determinare quando ci si trovi dinanzi ad un nuovo atto di comunicazione. Inoltre, ad oggi la situazione sembra ulteriormente complicarsi con l’introduzione di nuovi parametri, quali lo scopo di lucro e l’intenzionalità della condotta, inseriti come criteri di valutazione del caso concreto senza un appiglio normativo e senza indicare come ed in quale misura gli stessi dovrebbero ritenersi rilevanti.

Un’analisi delle numerose contraddizioni in cui cade l’interpretazione di comunicazione al pubblico fornita sino ad oggi dalla Corte di Giustizia richiederebbe un maggiore approfondimento, il quale non trova spazio nel presente articolo. Ad oggi non resta che attendere e verificare quali saranno i risvolti concreti di questa sentenza sulle piattaforme di condivisione online di file torrent, nella speranza che una riforma europea in materia di copyright fornisca maggiore chiarezza anche con riferimento alla nozione di comunicazione al pubblico, in particolare mediante la rete Internet.

[1] CJUE, 14 giugno 2017, C-610/15 Stichting Brein v Ziggo, XS4ALL.

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